Personal Brand-elli di fuffa su FaceBook
Eccoci qui, dopo il valore di ciò che è online, dopo il primo assaggio di quelle che sono le azioni di una esposizione sui social network, anche la tua visibilità in un social network oggi ha un peso.
Inutile dire che se sei un SMM popolare devi avere un seguito, se sei popolare devi avere un gruppo che ti sostiene, se sei popolare non hai bisogno di scimmiottare su Facebook come su tutti gli altri social per rafforzare il concetto. Se qualcuno scopre che dici cazzate va bene lo stesso… tanto sei simpatico!
Se sei popolare e vendi te stesso per generare economia a terzi, il ragionamento è leggermente diverso: per farti ritenere tale hai saltato da un piede all’altro di manifestazione in manifestazione, tra speech e presentazioni.
Adesso che sei popolare, la smetti di dire e fare cazzate?
Già, se sei un buffone devi far ridere, Facebook (il social più popolare) è la tua platea e usi tutti gli altri social per fare da cassa di risonanza. Allora esagera! Parlami del futuro!
Di dati ne riparliamo più avanti, altrimenti vinco facile!
Per chiarire il concetto, ti suggerisco di guardare il video:
Se sei donna e per giunta figa, ovviamente farai meno fatica: un buon esempio è Selvaggia Lucarelli (che figa lo è per davvero) e non è cattiva, ha soltanto capito l’antifona, cioè che il suo personaggio si nutre di esposizione e visibilità nei social. Essere sempre presenti è un vantaggio, essere aggressivi e andare spesso contro corrente pure.
Selvaggia forse è la donna più satirica che c’è in rete oggi, la sua “contro notizia” genera sempre polemiche e reazioni, commenti. Lei è una vera influencer: fa sorridere e anche incazzare, è scurrile e volgare, irriverente e quasi saccente, di sicuro più affascinante di qualcuno che ti fa sentire umido il culo direi!
Se approfondiamo gli argomenti legati al web e agli pseudo influencers, escono fuori valori come il People Reach e l’OTS ma non è tutto oro quello che luccica (o popolare).
La visibilità sui social è un valore: People Reach.
Facebook definisce la People Reach:
Seguendo questo concetto, il ragionamento porta a pensare che maggiore è la frequenza di pubblicazione, maggiore è lo share possibile, il commento e il like. Raccontare di saper fare, ripetere a se stessi e al network di seguaci lobotomizzati non può che generare quel senso di fiducia e lasciare che le persone pensino che se il numero di followers, fan e amici è elevato si abbiano delle competenze specifiche.
E’ possibile che le abbiano, ma sono differenti dalle competenze tecniche e digitali esplicite e conclamate. Di sicuro una cosa che hanno è il tempo di stare dietro un monitor ad accrescere la loro popolarità attraverso i social.
Pagano degli scribacchini da 4 euro che per editare e pubblicare post tecnici sui vari blog dove dovrebbero scrivere i soliti noti, questi collaboratori fantasma nei vari canali social condividono sempre e tutto quello che riguarda questi personaggi e incrementano quella falsa autorevolezza che serve a generare una ipotetica fiducia in chi li segue: l’utente medio itaGliano è un fesso.
Facebook l’illusione di essere popolari…
Vendere online con il proprio blog, l’OTS e gli influencers:
Essere autori (di qualche cosa) è una dimostrazione di forza e di astuzia.
Spesso sono autori di e-book (scaricati in massa sempre per costruire una popolarità “effetto del people reach”) che in realtà hanno letto loro e un paio di persone per correggerlo.
Gli altri, annoiati dopo le prime pagine, hanno commentato sui social che è bello per far contento l’autore, Magari con la speranza in un cambio di favore un domani. Vuoi scrivere un libro un domani? Non si sa mai!!
La possibilità di essere visti, l’OTS (Opportunity To See) sfrutta proprio la popolarità, il tuo network, la tua elasticità a ri-condividere messaggi di utenti popolari.
La tua reattività a cliccare “mipiace”, la tua immancabile e irrefrenabile necessità di commentare quel post di quei figuri dei social che hai tanto seguito: lo sappiamo che sei in cerca tu di visibilità e immagini di averla perché tanti ti possono leggere in quel network, ma il passaggio è troppo rapido e da utente finisci presto ad essere un parassita del sistema social.
Ecco come l’OTS ha un doppio effetto di visibilità, come un’arma: spara e poi si ha il rinculo.
La storia del promuovere se stessi, il Personal Branding:
Il Personal Branding è un processo attraverso cui un’azienda o una persona definiscono i punti di forza (conoscenze, competenze, stile, carattere, abilità, ecc.) che li contraddistinguono in modo univoco, creando un proprio marchio personale che comunica poi nel modo e che li reputa più efficace.
Il Personal Branding adotta le tecniche utilizzate dal Marketing per promuovere i prodotti commerciali e le adatta per la promozione alle identità delle singole persone o delle aziende (piccole imprese o aziende personali).
I vantaggi che un buon Personal Branding apporta sono individuabili nella capacità di contraddistinguersi, ad esempio aumentando la propria visibilità o la propria credibilità come esperto in un settore, specialmente attraverso l’uso dei nuovi media.
Il concetto di Personal Branding sta acquisendo un’importanza crescente nel Web2.0 e nei Social Media: se prima si costruiva l’immagine di un Brand valutando solamente i pro e i contro, ora occorre generare una forza, in grado di influenzare positivamente le persone con cui si è in contatto, creare una relazione duratura e a due vie con il proprio pubblico in modo da rafforzare e addirittura molto spesso migliorare il proprio Brand attraendo nuove opportunità professionali.
WikipediaI vantaggi quindi possono essere proprio il rafforzare la propria visibilità, aumentando nel network la credibilità della tua figura, della tua esperienza in un settore.
Scrivere un libro, un e-book non è tutto questo? Vi stanno strumentalizzando con condivisioni regolari e populistiche per restituire a questi signori le vostre condivisioni, i vostri commenti e i “mipiace”.
Un vero schiavismo 3.0.
Mi sbaglio? Sei tu che hai generato buffoni da Palcoscenico di FaceBook!
Il passo successivo, rafforzata la credibilità sulla professionalità, è veicolare attraverso il loro blog le potenziali competenze, magari pagando consulenti esterni per marginare le lacune, per fare in modo che su i palcoscenici di tutta Italia e sui social, resti sempre la sensazione che quella figura sia un esperto/a ed abbia generato valore a terzi.
Non parlate mai di numeri per carità! Potreste avere delle risposte imbarazzanti. Il dato numerico viene trattato come alienazione, roba da invidiosi rosiconi, scurrili e grotteschi come noi, quelli della Supposta Conoscenza del Web. Divertente vero?
Sarà un caso, ma se richiedi dei dati, le prove del loro caso studio/vanto o provi ad approfondire l’argomento, la risposta è: siamo aperti al confronto social, a un evento o su un blog pre moderato. Fanno prima a bollarti come un rompiscatole rosicone che non ha capito la comunicazione che a dare delle semplici dimostrazioni delle loro affermazioni. Risposte non ne danno mai, chissà perché.
Il valore della formazione e il valore della popolarità di un singolo sui social network vale più dei dati che sono il frutto di azioni che loro sostengono di fare e ipoteticamente insegnano anche vendendo formazione.
Che si parli di Personal Branding, di blogging, di influencers e di network gestiti da caproni all’itaGliana poco cambia. Tu non sei un brand, non sei un marchio, non ottieni popolarità attraverso una ri-condivisione. Non fai altro che conformarti a un sistema che dalle sua fondamenta non fa altro che carpire tutto quello che fai: i tuoi dati, le tue abitudini, quante ore passi a chattare con la casalinga di Voghera che ha un matrimonio finito e che dice di voler cambiare vita, ma resta con il marito ecc..
La vera evoluzione del Social è proprio essere se stessi senza più avere necessità di guru o influencers, diffidare da quanti hanno molto seguito che probabilmente (e per merito) hanno costruito il loro personaggio applicando un Personal Branding del genere, sfruttando te e considerandoti come un loro servo da digital sharing.
Conclusioni
Che si facciano chiamare editori, influencers, social recruiters, social media managers, esperti, scrittori, autori, ricordate che sono sempre semplici esseri umani e che spesso quelli più popolari hanno necessità dei vostri “mipiace” e delle vostre condivisioni. Hanno bisogno di voi per affermare quello che non sono! Come quelli che hanno il SUV o la micro machine, due inversi proporzionali di impotenze senili: uno per la mania dell’essere fuori, l’altro per la presunzione di essere più grande del mezzo. In entrambi i casi espressioni di personalità che nella vita quotidiana non sanno che sono e fanno parte della massa.
Sarà Personal Branding probabilmente, ma restate sempre voi i/le pirla che gli date autorevolezza!
Alle domande dirette, alla richiesta di un contraddittorio spesso rispondono con un: “Tu non sai chi sono io!!”, dimostrazione di scarsa preparazione anche sul crisis management nelle discussioni sociali. Sono lo Sgarbi del web, l’incazzato e rosicone, ma intanto sorrido e i dati di traffico al sito e ai canali sociali sono la miglior risposta a quanti criticano questo progetto.
Siamo pura informazione in chiave satirica: la cultura digitale e la democrazia prevedono il contraddittorio, noi usiamo la supposta digitale!
P.s. Per quell’ignorante (colui che ignora) che non sa cos’è la satira e giudica questo spazio libero e democratico, un progetto grottesco e volgare, farebbe meglio ad ascoltare un grande della satira italiana: Daniele Luttazzi. Buona e dotta visione!!!
Cos’è la Satira, secondo Luttazzi:
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