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Consulenti e lavoratori digitali: La confusione del web

  • Cosa significa lavoro digitale?
  • Come si lavora con il web?
  • Cosa significa essere online?
  • Cosa fanno i consulenti web nello specifico?
  • Le aziende hanno bisogno di consulenti aziendali o di consulenti digitali?
  • Un consulente web può davvero portare valore, in termini economici, ad un’impresa?
  • Se un consulente web è così bravo, perché i soldi li deve investire SOLO l’imprenditore?

Che confusione!

Facciamo un po’ di ordine per capire cosa fanno i lavoratori digitali.

Se apro un blog personale, non è detto che sia un esperto del web. Sono semplicemente uno che ha aperto un blog, dopo aver letto come si fa.

Se il blog mi permette di vivere, generando entrate finanziarie in differenti modalità, non è ancora detto che sia un esperto del web; 

È probabile che ciò che scrivo piace perché sono contenuti validi, o perché sono divertente,  e quindi sono un bravo comunicatore digitale.

Se apro una pagina Facebook, non significa che sono Social media manager. Sono semplicemente uno che, dopo aver letto qualche guida gratuita online, è riuscito ad aprire una pagina facebook.

Se gestisco una pagina Facebook ed ho tante connessioni, non è detto che sia un esperto di Facebook. Semplicemente, ho comprato fan al kilo, oppure, ho individuato una tematica nazional-popolare che piace.

Se scrivo un libro cartaceo non è detto che sia esperto del web. Sto semplicemente sfruttando le “vecchie” buone pratiche per costruire un’identità. Se il libro offre una guida per il web, sarà utile se le vendite superano una tiratura di 500.000 stampe. Al di sotto di questo numero, gli acquirenti non ti porteranno né profitto, né beneficio online. Diciamo che sarà un vezzo per rafforzare la propria identità.

Se scrivo un ebook o un info prodotto, non è detto che sia un esperto digitale, semplicemente sfrutto le economie di scala del web per monetizzare dalla mia conoscenza.

Se gestisco un ecommerce personale, non è detto che sia un esperto e possa fare consulenza a tutte le aziende simili alla mia.

Se le mie indicazioni aiutano a produrre risultati economici (tracciabili) per un’attività d’impresa che ha (anche) un ecommerce, molto probabilmente sono un consulente.

Se sono un informatico, non è detto che sia un esperto di web marketing.

Se sono un esperto di web marketing non è detto che debba conoscere il codice di programmazione, ma sapere di cosa si sta parlando è utile ed aiuta a capire meglio le attività.

Se sono un consulente aziendale non è detto che sappia usare il web per integrarlo con efficienza dentro le attività di un’impresa.

Se sono un consulente aziendale, probabilmente dovrò conoscere le attività per ottenere dei risultati dal web, ma questo non fa di me un esperto di web marketing.

Se sono un esperto di web marketing, un vero esperto, probabilmente sfrutterò le mie competenze (anche) per ottenere dei vantaggi da progetti personali.

Se “vendo” solo ad altri le mie competenze per ottenere risultati, le motivazioni sono 2:

  1. Gli altri mi pagano profumatamente perché so ottenere risultati e quindi conviene pagarmi bene.

  2. Sono sprovveduto o non sto applicando il principio basilare del marketing dove si evince che tra due parti concorrenti è sempre in vantaggio la parte che ha maggiori informazioni.

Quindi, se tu sai davvero come fare per ottenere un risultato, perché lo “svendi”?

Il lavoratore digitale è colui che frutta i servizi e le piattaforme tramite il web per lavorare autonomamente, in condivisione con altri o per altri.

Per lavorare con il web serve prima di tutto saper relazionarsi con figure professionali eterogenee. Non basta sapere fare qualcosa di tecnico per lavorare online.

Lavorare online richiede una predisposizione all’ascolto e una buona dose di empatia. Il 99% del tempo ci si interfaccia con le persone tramite dispositivi e la NON presenza fisica complica la gestione della comunicazione.

Lavorare online è diventata un’alternativa per chi è rimasto senza lavoro, per chi dopo la laurea ha dovuto “inventarsi” un lavoro o per chi ha chiuso un’attività fisica per ricrearla solo online.

Non serve essere scienziati o consulenti per capirlo.

È anche vero che gran parte dei pubblicitari degli anni ’90 si sono riconvertiti al digitale per monetizzare dai loro “vecchi” contatti commerciali acquisiti negli anni passati.

ll web ha esaltato le economie di scala del digitale a sfavore delle diseconomie professionali. 

Di fatto, ci troviamo difronte ad un’apoteosi di mestieranti e professionisti in cerca di lavoro, dove a farla da padrone sono sempre e comunque i contatti diretti.

Inutile fare i grandi esperti, se poi il 90% del fatturato arriva da contatti amici ed amici di amici e parenti.

Se così non fosse, il web sarebbe più equilibrato e le persone avrebbero meno desiderio di conquistare “la vetta” della notorietà indotta e manipolata da artifizi.

Le grandi agenzie pubblicitarie fanno parte di una mitologia passata. 

Anche le grandi agenzie per ottenere risultati si affidano a consulenti esterni, rivendendo il costo del consulente moltiplicato “n” volte in funzione della grandezza del committente.

Quello che devi sapere in breve

I veri consulenti aziendali non “vivono” il web, ma fanno soldi diversamente, attraverso il buon uso della dialettica, del saper fare battute argute, alla capacità di fare pubbliche relazioni e di saper trovare la soluzione giusta, le persone adatte rispettando tempi e costi di un’impresa.

⇒ Le PMI non hanno bisogno di consulenti aziendali, ma di persone che sappiano ragionare su obiettivi a breve termine, minimizzando i costi e massimizzando i risultati.

Questo è tutto quello che devi sapere.

Credit image @SplitShire
11 commenti
  1. Mariangela
    Mariangela dice:

    Ma è una provocazione dire:

    “Le PMI non hanno bisogno di consulenti aziendali, ma di persone che sappiano ragionare su obiettivi a breve termine, minimizzando i costi e massimizzando i risultati.” ?? o è davvero questa la pietra filosofale?

    Rispondi
  2. Daniele Vinci
    Daniele Vinci dice:

    Ciao Mariangela,

    innanzitutto grazie per aver commentato, vuol dire che segui suppostaweb e questo mi fa piacere.

    Per rispondere alla tua provocazione, no, qui non stiamo cercando la pietra filosofale, anzi!

    Qui si cerca di costruire significato partendo da presupposti sbagliati che si diffondono generando confusione.

    Le PMI non hanno bisogno di consulenti aziendali, semplicemente perché una piccola azienda italiana a conduzione familiare, che fattura al massimo 1 milione di euro, non ha né il tempo, né le risorse per seguire un consulente aziendale per un assetto marketing o commerciale.

    Gli unici “consulenti” a cui si rivolgono sono legali, commercialisti ed ingegneri, il resto sono attività che svolgono in autonomia, cercando di formasi da autodidatti, o magari hanno una formazione commerciale, umanistica o anche scientifica che li aiuta a decidere.

    Le nuove generazione delle PMI italiane si stanno rigenerando, nonostante il freno dei loro genitori e nonni, che sono ancora autorevoli nelle decisioni, i “giovani” imprenditori sanno cosa vogliono, ma non sanno cosa realmente il web possa offrire di concreto, per questo “assaggiano” per poi decidere se scegliere o meno un’attività da integrare al loro processo d’impresa.

    Inutile girare troppo intorno al problema, accusando gli uni con gli altri, di mancanze o di incompetenze nel comprendere certi passaggi.

    Se i “nuovi” imprenditori italiani NON comprendo il web la colpa è di chi lo spiega o cerca di far comprendere. Peggio ancora di chi costruisce favole sul potere del web senza nessuna fondatezza.

    “USARE” il web non è un’attività complessa, tutti possono accedere ed utilizzarne gli strumenti.

    La capacità di saperlo utilizzare ottenendo dei risultati, significa:

    Conoscere tutti i processi dell’attività generativa di un risultato, saper comunicare con differenti figure che possono operare, anche tecnici, creativi e scrittori. Fare tutto da soli, senza un vero modello, significa investire tante risorse, soprattutto temporali, che un imprenditore non può permettersi.

    I “mestieri” che il web ha permesso di costruire sono tutti interrelati tra loro da un unico fattore, la capacità di poter analizzare e studiare i dati.

    Questo è il vantaggio del web rispetto al non usarlo correttamente.

    Se fai azioni senza studiare il contesto operativo e senza analizzarlo, il rischio è proprio quello di fare un buco nell’acqua, come fanno in tanti, perché credono nelle favole.

    1 caso di successo NON è la norma, né deve diventare oggetto di promiscuità metodologica.

    Se domani faccio un video idiota e ottengo 10 miliardi di visualizzazioni su Youtube, non significa che fare video idioti sia la chiave del successo. Semmai serve studiare il fenomeno, ed estrarne il modello che ha favorito quel risultato.

    Siamo tutti bravi a fare filosofia sul web, pochi comprendono che la più grande difficoltà di chi sa davvero operare metodologicamente con il web è la prestazione nel tempo.

    Se chi opera usa una metodologia corretta, i risultati si ottengono, ci sono le prove e tante dimostrazioni a sostegno. Non si parla di 1 singolo caso o di 1 evento fortuito.

    Fare web marketing è metodologia.

    Cantare le lodi del web marketing senza metodologia è come andare a funghi senza essere mai andato in montagna.

    Rispondi
  3. Francesco Russo
    Francesco Russo dice:

    Un po’ provocatorio… ma a fin di bene… sono d’accordo con te. Credo che un grosso problema oggi è che mentre per la figura dell’avvocato è chiaro chi è e cosa fa (al di là poi di una specializzazione) oggi essere un professionista che lavora utilizzando il web è dire…. che cosa?

    Credo che l’impegno di tutti noi che lavoriamo con il web debba essere quello di contribuire a costruire un’immagine chiara di professionista…

    Un ultima cosa… se un amico mi presenta un potenziale cliente… beh non è che mi fa proprio così fastidio acquisirlo ;)

    Rispondi
    • Daniele Vinci
      Daniele Vinci dice:

      Ciao Francesco,

      a mio avviso, il problema non sta tanto nel far comprendere cosa si fa, ma COME lo si fa.

      Quanti realmente sanno rispondere comprensibilmente ad una domanda diretta dell’imprenditore:

      – Ok, tutte belle parole, ma cosa dobbiamo fare ed io cosa devo fare? Come posso sapere se quello che mi consigli è valido o frutto di una tua fantasia? Cosa mi offri per verificare ciò che dici? –

      Ecco, questo è un processo metodologico. La metodologia, come in tutte le professioni, non la si può inventare, serve studiarla ed praticarla, migliorandola se necessario.

      Se dico che “vendere caffè” online è un’attività più complessa che vendere “ebook” lo dico con cognizione di causa.

      Perché, nonostante il consumo di caffè è maggiore rispetto all’acquisto di ebook, il caffè ha una concorrenza su più livelli ed un margine di guadagno inferiore alla vendita di un ebook.

      Quindi, se dovessi rispondere a chi vuole vendere caffè online sulla riuscita o meno del progetto servirebbe capire le condizioni di partenza, studiare attentamente gli obiettivi e poi formulare un percorso insieme all’imprenditore, sempre che esistano le condizioni per farlo.

      Spero di essermi spiegato bene :)

      Rispondi
      • Mariangela
        Mariangela dice:

        Scusate il ritardo nella risposta. Leggendo questo post, ad ogni affermazione ho dovuto fermarmi e farmi delle domande. Ciascuna domanda, voglio dire, poteva essere una domanda personale, una sorta di “memento”. Oltre al fatto che Daniele tratteggia un quadro della realtà che io trovo assai realista, concreto, pragmatico, inconfondibile. E, non posso negarlo, affermazioni come:
        “tra due parti concorrenti è sempre in vantaggio la parte che ha maggiori informazioni.”
        e
        “se tu sai davvero come fare per ottenere un risultato, perché lo “svendi”?”
        sono vere e proprie docce fredde per chi come me ogni tanto dimentica che il sapere è emancipazione e l’esperienza fa da bussola. Un vero e proprio rasoio di Ockham questo articolo!

        Rispondi
        • Daniele Vinci
          Daniele Vinci dice:

          Mariangela,

          grazie per avere spiegato meglio.

          Vedi, non siamo così cattivi come ci descrivono.

          Certo, inserire supposte non è un bel mestiere, noi cerchiamo di farlo in maniera preventiva, quando possibile.

          Lo scopo non è di screditare, semmai di svegliare le coscienze e dire: Oh, non sei solo, anche noi vogliamo fare sul serio, non piegarti al sistema balordo. Loro vogliono vincere senza dividere niente con nessuno. Oggi sai che ci siamo anche noi con te, se lo riterrai un supporto valido.

          Ecco, questo più o meno il concetto.

          A presto.

          Rispondi
  4. Lara Abrati
    Lara Abrati dice:

    Io sono completamente d’accordo con te.

    Credo che nel web, come in altre molte cose, sia il METODO a costituire la chiave per raggiungere obbiettivi e risultati. Non necessariamente concepito come un qualcosa di rigido e ripetibile, ma come un qualcosa di integrabile e customizzabile in funzione del contesto di riferimento.
    Mi viene quindi spontaneo parlare anche di osservazione attiva, fondamentale in ogni fase progettuale, operativa e di analisi.

    Grazie Daniele, sempre spunti molto interessanti.

    Rispondi
    • Daniele Vinci
      Daniele Vinci dice:

      Grazie a te Lara per essere passata da queste parti e per seguire la Suppostaweb.

      Se vogliamo beneficiare tutti del web serve distinguere scrupolosamente ciò che crea illusione da ciò che crea valore.

      Volumizzare il web come fosse un’acconciatura per capelli, è sbagliato.

      Si rischia un effetto Rebound che distrugge e non costruisce.

      Il compito di ognuno di noi è costruire reti di valore, togliendo la nostra connessione a chi la sfrutta senza restituire valore.

      Spero di rileggere ancora qualche altra tua riflessione.

      Rispondi

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